Offrono 250 posti di lavoro per la stagione 2018. Li selezionerà Estelle Fleuret che così consiglia i candidati: “Ils devront nous convaincre de leur motivation et des leurs compétences en quinze minutes maximum. Ils devront donc avoir préparé cet entretien et s’être renseigné sur le Grand-Hôtel du Cap-Ferrat. Compte tenu de l’éloignement de notre établissement, ils devront également avoir prévu un moyen de transport pour se rendre à l’hôtel. Nous leur conseillons de se présenter dans une tenue correcte. Surtout, qu’ils restent naturels et qu’ils nous fassent part de leur enthousiasme à l’idée de rejoindre notre établissement.” 250 persone mi sembrano molte… Speriamo che confermino lo chef del 2017, Yorich Tiéche ….. Ad ogni modo la notizia completa è sul seguente link:https://www.lhotellerie-restauration.fr/journal/emploi/2018-01/Estelle-Fleuret-Grand-Hotel-du-Cap-Ferrat-Nos-perspectives-de-recrutement-pour-2018-sont-tres.htm
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Vissani: “Chef e programmi stanno distruggendo la cucina. E mi danno per superato”
“La mia fama mi permette di dire quello che voglio. E mi piace”
“Gianfranco Vissani entra nei ristoranti e il terrore avvolge gli occhi dei colleghi. Lui lo sa. Si diverte. “Accade quasi sempre, perché conosco i prodotti, i meccanismi, le furbate, tutti i passaggi. E se qualcosa non va, lo dico”. Così la sua mole fisica, non indifferente, diventa nulla rispetto alla sua presenza psicologica e verbale: […]”
Così inizia un pezzo su Il Fatto Quotidiano al cui sito vi rimando: www.ilfattoquotidiano.it/premium/articoli/chef-e-programmi-stanno-distruggendo-la-cucina-e-mi-danno-per-superato/
Tartufi cari? Al momento la domanda si ritira.
“Troppo caro, nessuno lo acquisterebbe e quindi al momento non ne ritiriamo”. Così scrive Clara Minissale su Cronache del Gusto. Gli fa eco Divincibo: “Se ne trova pochissimo sul mercato, non è di buona qualità e costa troppo”. “Ieri le quotazioni erano di otto mila euro al chilo e questo significa che, nella ristorazione, un piatto di pasta bisognerebbe farlo pagare anche settanta euro. L’anno scorso, invece, si acquistava a 2.200 euro al chilo. Se le cose andranno avanti così, lo ritireremo solo su ordinazione”.
I menu? Possono essere un piccolo capolavoro di strategia per essere invitanti.
“Il fascino innegabile delle carte dei menu. Collezionate, ammirate, accarezzate e sfogliate con finto distacco mentre lo stomaco pregusta ciò che potrà arrivare. Il popolo dei gastrofighetti, dei foodies, dei foodblogger e quante altre definizioni possiamo dare agli appassionati di cibo 2.0 (food-boner?!)non può resistere al richiamo primario verso le vette della cucina, fatto spesso da un innocente foglio di carta (paglia) non sbiancata chimicamente, vergata in caratteri tipografici vagamente hipster (aperta parentesi: i grafici iniziano a scagliarsi contro certi font come vent’anni fa sbugiardarono il Comic Sans) e dalle descrizioni evocativamente poetiche.
Se il food marketing è diventato un’arte, molto dipende anche dagli studi psicologici si nascondono dietro la scrittura dei menu dei ristoranti, chiamato molto prosaicamente menu engineering..”
Si tratta dell’inizio di un articolo che potrete leggere per intero su www.marieclaire.it
Porzione intera 40. Mezza porzione 24. Capita anche di peggio.
Circa un ristorante che chiede un 20% aggiuntivo sul costo della portata nel caso in cui la pietanza venga divisa su due o più piatti, Raspelli ha così commentato con il Corriere di Como: “Ha perfettamente ragione il ristoratore – anzi suggerirei ulteriori sovrapprezzi da inserire nei menù». “Se il cliente chiede al cameriere di portargli il sale, paghi un 4% in più. Se con il caffè, oltre allo zucchero bianco vuole quello di canna, e se lo fa portare, 5% in più. E poi ci sono le tariffe per gli inconvenienti. Può darsi infatti che al cliente caschi il tovagliolo per terra. Allora, che paghi il 10% in più. Il sovrapprezzo comprende il tovagliolo da lavare, il tempo impiegato da un cameriere di circa 70 chili alto un metro e settanta per chinarsi e soprattutto il rischio “colpo della strega” per il movimento. Il cliente deve partecipare ai costi dell’assicurazione per l’eventuale invalidità civile del dipendente» – «Non ne possiamo più anche dei ristoratori che hanno l’ambizione di insegnare ai clienti come si mangia. Non ne possiamo più dei menù con parole come fumo, polvere, pomata di terra di capperi. Si va al ristorante per mangiare. E basta anche con i ristoranti santuari. Fateci pagare per ciò che delizia la gola e tornate con i piedi per terra».
Per quanto mi riguarda ricordo ad esempio a Cap d’Antibes un prezzo per la porzione e un prezzo punitivo per la mezza porzione: porzione 40, mezza porzione 30.