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Considerazioni terribili sul Louis XV Alain Ducasse a Montecarlo sul sito Atabula

La sala del Louis XV – Alain Ducasse l’Hôtel de Paris MontecarloLa salle du restaurant Louis XV - Alain Ducasse à l'Hôtel de Paris

“C’est troublant un restaurant de palace. Tout doit y être « plus » ou « mieux » qu’ailleurs, léché de partout, parfaitement scénarisé, un ballet cadencé et réglé au millimètre, où l’on s’étonne presque quand le serveur se met à vous parler, de peur que l’orale grammaire dénote du sourd langage corporel.”

Così scrive il Sito Atabula che prosegue: “C’est que dans un palace, même la convivialité est sous-pesée : le degré d’humanité est surveillé sur le thermomètre des bonnes manières. La table de palace est un ovni, une entité hors-sol apatride dont l’objectif est de séduire une clientèle issue d’un même moule, biberonnée aux mêmes valeurs, qui se retrouve à Paris-Monaco-Courchevel avec la même insolence indolente. Mais de quelle séduction parle-t-on ? Une séduction de palais bien évidemment. Reste à savoir si c’est celle qui flatte les papilles oui celle qui flatte l’égo. Aujourd’hui, mange-t-on réellement mieux dans un restaurant-écrin à la précision horlogère et au prix assassins par rapport à tous ces « petits » restaurants tenus par des chefs – souvent issus d’ailleurs de ces grandes tables – qui ont su prendre le meilleur – qualité des produits, techniques culinaires – tout en y ajoutant le sel de la convivialité ? La réponse est dans la question…


 

Troublant donc. Car pourquoi alors se rendre encore dans un tel restaurant, y débourser une somme certaine pour y vivre une expérience hors-sol ? Probablement parce qu’il y a chez le mangeur un minimum curieux l’éternel espoir d’une rencontre impromptue, une rupture dans la super structure capable de vous faire basculer dans un autre monde. Disons-le, il n’y a pas eu de remake de Rencontre du troisième type au Louis XV de Monaco*, mais il serait faux de dire qu’il n’y a rien à retenir de l’expérience. Essayons d’oublier rapidement la décoration de la salle – décalage raté entre l’ancien et la modernité revue par le duo Jouin-Manku – et un éclairage mortifère (préférer la lumière du jour). À oublier également les cinq petites bouchées de poissons en amuse-bouche, qui collent au galet chauffé comme une moule à son rocher. En revanche, la suite du repas a atteint par épisode le sommet du rocher monégasque. La montée en puissance a commencé avec la fraicheur des « Gamberoni de San Remo, fine gelée de poisson de roche, caviar », confirmé avec la puissance automnale du « Cookpot de millet, champignons sylvestres et chou plume ». Accélération rapide du palpitant avec le « Loup de Méditerranée au fenouil, agrumes du Mentonnais », un plat d’une rare vivacité, mélange équilibré de rondeur et d’aspérité. Plus sage mais aussi plus puissant, le « Lièvre de Beauce rôti à la royale et en civet, betterave, poire et kaki » se révèle irréprochable. Quant à la « Poire Passe-Crassane, granité et crème glacée bergamote », elle permet de terminer sur une jolie note sucrée, gentiment modeste, évitant l’écueil du pâtissier qui cherche à en mettre plein les yeux sur un seul service.


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« Loup de Méditerranée au fenouil, agrumes du Mentonnais », un plat qui ne fait pas dans l’esthétique, mais qui percute en bouche : vivacité, mélange parfait de rondeur et d’aspérités


Paradoxalement, pour bien vivre le Louis XV, il faudrait fermer les yeux, oublier le cadre, se défaire du toujours « plus » et « mieux » pour se recentrer sur une assiette qui ne manque ni de caractère ni d’engagement. Autrement dit, oublier qu’il s’agit d’un restaurant de palace, et remettre au centre de l’expérience le culinaire, tout le culinaire, rien que le culinaire. En cela, le Louis XV est une très grande table.”

* Le nom exact du restaurant est désormais Louis XV – Alain Ducasse à l’hôtel de Paris”


 

Vissani: critica colleghi stellati, critici a altri recenti ” luoghi comuni”

vissaniVissani: “Adesso parlo io:  El Che Guevara della cucina italiana”. Lo chef di Baschi ne ha per tutti: “I colleghi? Bottura è sopravvalutato, Romito un bluff, Uliassi lasciamo perdere… I critici? Mi maltrattano. Viva l’olio di semi. E basta con il pomodoro dappertutto. I vegani? Una setta da fermare” E’ una lunga intervista di Guido Barendson su la Re pubblica che potrete leggere per intero sul seguente link:

http://www.repubblica.it/sapori/2016/11/30/news/intervista_chef_vissani_colleghi-153093991/

La recensione a Imperia: Ristorante Enoteca La Foce Non Solo Vino

10  2106 (3) - Copia                       Imperia – ENOTECA LA FOCE NON SOLO VINO

Via B. Bossi 44 (Borgo Foce)  Tel. 0183 651 523

Dopo qualche ghirigoro per il parcheggio (ma hanno qualche risorsa per i casi “disperati”) eccovi in questo locale che ha l’aria di una trattoria, ma ha piatti da serio ristorante classico. I soffitti sono a botte ma con un po’ di  antieco costituito da archi in pietra, i tavoli, i mobili e le sedie sono “solidi” e quasi severi, la mise en place è con tovagliette, il pane è simpaticamente servito in un sacchetto da panettiere aperto, la musica di sottofondo resta, appunto, in sottofondo (mica sempre altrove, pofferbacco!). Nonostante l’ubicazione nel movidaiolo quartiere marinaro, la cuoca patronne ha mantenuto il passo e la “filosofia” del suo ex-ristorante di campagna, l’Antico Forno in frazione Piani che i “diversamente giovani” ricordano certamente. La famigliola, come allora,  si fa in quattro sia in cucina che in sala e il servizio risulta pronto, attento, gentile e anche di piacevole verve (se la gradite) da parte del figlio (un camaleontico laureato, insegnante, appassionato di vini).

Ma veniamo al cibo: Cinque bruschette (€ 4,50 – 7,50), tra le quali m’è parso ovvio scegliere quella “All’Andrea” che trae il nome dalla Piscialandrea tipica Imperiese, senza per carità rischiare l’incolumità facendo dei distinguo tra le ricette dei diversi quartieri di Caccielotti e Ciantafurche. Tra i sei antipasti (€ 9-15), a parte il generoso Tris del giorno, gli amanti dei formaggi potranno scegliere la “Degustazione di formaggi” che, pur essendo liguri, sono inconsueti e quindi preziosi. I puristi li preferiscono da soli, ma per i golosi più “depravati” la goduria è trovarseli serviti con sei differenti marmellate e miele, in accompagnamento ai sei tipi di formaggio. 10  2106 (33) - Copia

Tra i cinque primi (€ 9-11) cito le tagliatelle alla chitarra al ragu di coniglio, ma anche i semplici ravioli di borragine all’olio EVO e scaglie di Parmigiano sono buonissimi e in perfetta linea con l’attuale tendenza vegetariana. L’olio è di loro produzione, la ottiglia è in tavola e qualche intenditore del posto  potrà riassaggiare davvero il sapore “antico” di queste valli, pungente quando ancora fresco di frangitura, nonostante il titolo di acidità di soli 0,2%

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I secondi (€15-17) sono cinque, tre di terra e due di mare. Cito il coniglio ai sapori liguri e il gran fritto di mare. Per i dessert le proposte variano di giorno in giorno: al mio passaggio m’è parso invitante il “Fiori e Frutta”, ovvero un tortino alle susine con gelato al miele, fiori d’arancio su briciole di pane candito (!) crema al gelsomini e rosa canina: una ottima conclusione del pasto.

Esiste anche un conveniente Menu Degustazione di sei portate a 40 euro i cui piatti vengono proposti a voce, non è specificato se per tutto il tavolo, come d’uso. La carta vini è un poderoso volume da 400 vini, solo italiani, che richiede tempo ma non molto danaro. Nella prima pagina vi è l’indice regione per regione

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I prezzi sono veramente rispettosi del vostro portafogli: prove? Vintage Tunina € 47, Taurasi Terradora € 31, Cervaro della Sala € 38, Rosso Montalcino Barbi € 18; per non parlare del Vermentino Lunae a € 16, oppure del rosato SciaceTra Nirasca a € 16. Una sosta informale, che nell’insieme costa poco ma vale un Perù! In inverno è meglio prenotare un tavolo lontano dall’ingresso.

La recensione. Ad Albenga il ristorante Osteria dei Leoni

Leoni albenga 25 3 2013 (6) - Copia                            Abenga –  OSTERIA DEI LEONI –

                         Vico Avarenna 1   –           Tel.  0182 51937

A pochi chilometri dall’uscita autostradale di Albenga ci s’imbatte nelle antiche mura del suo Centro Storico. Si parcheggia appena possibile sulla piazza per entrare poi da uno dei varchi delle mura. E’ meglio non aver fretta, per godere della bellezza di questo centro storico tra i più antichi dell’intera Liguria, abitati ancora da molte famiglie del posto e con accettabile pulizia e cura dell’insieme (mica sempre capita altrove!). Giunti a due grandi piazze, sotto un porticato, ecco quasi a sorpresa i due importanti antoni in legno di questo ristorante, gestito da sempre da un insegnante di cucina che qui officia, forse per grande passione.

Il locale ha due sale più un cortile interno. La sala più frequentata ha cucina a vista, pavimento in cotto rustico, volte bianche a vela, pareti senape, una storica affettatrice Berkel che fa bella mostra di se, così come una rossa antica bilancia a piatto, sedie comode in paglia, candide tovaglie bianche, un fiore in una boule elegante, bei bicchieri, la saliera,la bottiglia di olio extravergine d’oliva di Taggiasca “A Ciapela”.9 2016 (11) - Copia La musica è fortunatamente solo un sottofondo ed è di qualità. Appena accomodati giunge un piatto con quattro qualità di pane, grissini e Carassau e, ovviamente, la carta9 2016 (10) - Copia. Essa comprende, tra gli antipasti, l’Insalata tiepida di mare cotta al vapore oppure Il loro piccolo “cappon magro”. Nei secondi il Pescato del giorno cotto con patate e cipolle rosse e con verdure capperi e limone (€ 24) oppure il Tegame di frutti di mare e gamberi (€ 24); per chi preferisce la carne ecco le Costine d’agnello scottadito con verdure al forno (€ 20). E’ disponibile anche un Menu Degustazione a 38 euro + 2 euro per coperto e servizio, che comprende: “Tartare” e carpaccio di pesce al limone e zenzero – Polpo alla rivierasca e frittelle di baccalà – Tagliolini freschi al sughetto di scampi e zucchine – Il pescato del giorno cotto al forno con patate e aglio in camicia.

La carta vini, a prezzi normali, svolge degnamente il suo compito aprendo con le “bollicine” (nove italiane a cinque francesi) a partire da 20 euro, dieci liguri a 19 euro, otto vini di altre regioni, intorno ai 20 euro, per ciascuno dei quali ci sono inconsuete descrizioni utilissime anche per gli abbinamenti. I vini bianchi sono serviti in secchiello con ghiaccio.

Il servizio, anch’esso ormai …storico, non si perde a blandirvi con futili cerimoniali, ma c’è, accorto, fattivo, alacre e non “perde mai colpi”. E’ una sosta che è un vero e proprio bagno nell’antica Liguria, generosa  di qualità inappuntabili, quantità ormai rare a reperirsi, servizio quasi sorridente e tutto ciò a prezzi che hanno il massimo rispetto per il vostro portafogli.

La recensione: ristorante Il Mangiarino ad Albenga

mangiarino

foto da internet

Albenga – IL MANGIARINO – Via Mariettina Lengueglia, 49

Tel. 392 775 4635

Una preziosa “soffiata” della voce amica … RadioMarmitte1234 mi ha segnalato questa apertura,  ed eccomi qui tempestivamente, per i quattro riveriti che gentilmente mi leggono,  bramando  sempre  novità…

Parcheggiato fuori del centro storico, eccomi giunto al ristorante con l’aiuto, tra un vicolo e l’altro, di qualche gentile cicerone. E’ però facile trovare il locale sapendo che è posto sotto la poderosa antica torre e sul retro del battistero.  Ubicato solingo in un “gomito” del vicolo, sotto una graziosa insegna artistica variopinta e algida,  ma praticamente illeggibile, gli fa da provvidenziale “richiamo” uno spazio esterno di tre tavoli con candele e una grande lavagna con l’elenco dei piatti.

La cuoca-patronne è Mirella Porro,

mirella porro

dal 1986 a oggi alla Cittadella di Zuccarello, poi a Laigueglia, poi al Baia del Sole di Alassio, poi insegnante all’Alma di Marchesi  e, finalmente oggi tornata tra le cucine rivierasche di miglior qualità. Il minuscolo locale di sei tavoli per max una ventina di persone è intimo, luminoso, mobili azzurri, sedie multicolori come le tovaglie con preziosi pizzi realizzate dalla mamma di Mirella (peccato però per i  tovaglioli in carta sintetica,  segno dei tempi…), “careghe” comode con cuscini, vetrinetta degli invitanti distillati, bicchieri incisi, musica di sottofondo “giusta” per qualità e volume.

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I clienti sono discreti e ne ho notato alcuni epicurei che incontro ogni tanto qua e là in ottimi ristoranti:  evidentemente, stanno apprezzando questa novità alternativa che fa qualità e convenienza, rispetto agli usi diversi di gran parte dei locali che preferiscono curare intensivamente la movida estiva della costa.

Ma andiamo per ordine. In carta: salmone marinato all’aneto e salsa dolce forte (€ 12), insalata di polpo, sedano, papaya, pinoli, olive Taggiasche e capperi. Sono due antipasti che indicano d’acchito che anche con dei classici si può sobriamente sorprendere. Nei primi i ravioli di borragine all’extravergine, maggiorana fresca e scaglie di ricotta marzotica (salata a secco) diventano irresistibili grazie anche ai pistacchi tostati (€ 10). Quanto agli spaghetti freddi serviti con caviale (€ 16) io ne ho rimandato l’assaggio al prossimo passaggio, perché in carta è scritto apertis verbis che sono “il piatto del cuore di “Gualtiero Marchesi”, facile da incontrarsi a questi tavoli. In questa stagione non ho voluto assolutamente perdermi la crema di zucca Mantovana con caldarroste vincotto e crostini (€ 10), un piatto da solo merita … tutto ( per giunta era anche di “disegno” intonata in questi tempi di  “allouen”):10 2016 (8) - Copia

Per i  secondi è meglio sentire di che dispone l’arrivo di pescato del giorno, dal piacevole afrore, che si ritrova poi nel piatto, una volta passato al forno, con zucchine trombette, pomodori confit e maggiorana. Ma sono da segnalare anche i calamari grigliati, con patate, scorza di limone olive taggiasche ed erbette liguri (€ 15). La carta dei cinque dolci (€ 7) offre diverse suggestioni, ma certo a quella dell’arcitradizionale tortino di pesche e amaretti, crema zabaione e gelato alla vaniglia è difficile resistere, anche se una mousse al cioccolato accompagnata da pere al vino rosso può esser altrettanto tentatrice.

La carta dei vini è ancora “giovane” (23 etichette), ma crescerà, crescerà! Per ogni vino è riportata la preziosa indicazione della gradazione alcoolica; sette bottiglie vengono servite anche a bicchiere (€ 4). Quasi tutti i vini rientrano nella fascia di prezzo fino a 20 euro. C’è poi disponibile una chicca,

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lo Champagne Gregory Michel Maillard che, a 40 euro, rivela una  politica di ricarichi che ha il massimo rispetto del nostro portafogli.

10 2016 (7) - Copia La bella cucina è a vista, gli addetti sono tre in cucina e uno in sala, più la patronne che dirige e collabora in entrambi. In sala l’atmosfera è calma, i tempi d’attesa “giusti”, il garbo d’insieme garantito e anche la clientela ha toni tanto discreti che i soffitti a volta NON riverberano, salvo quando qualche raro solingo chiacchericcia  bellamente con altri tavoli senza minimamente domandarsi se per caso il tono disturba l’atmosfera del locale.

Insomma, è una casa con dei bei giorni davanti. Con sano egoismo aggiungo: Bentornata, maestra Mirella!