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La recensione: Clipper ad Arma di Taggia

clipper foto - Copia                    Arma di Taggia – CLIPPER  Lounge Bar Ristorante

Via Lungomare   135 –  Tel. 0184 1894904 – 338 295 1796

Ad Arma di Taggia, dall’ 8 ottobre scorso c’è il “nuovo” Clipper,  che occupa un locale dal blasone storico guadagnato dal grande Manara, cocktail-man insuperabile ancor oggi  tra i primi del mondo.

Siamo nel bel mezzo della passeggiata a mare di Arma di Taggia, così incredibilmente riparata dal vento, tanto che nei mezzodì di sole invernali molti clienti, anche di età “diversamente giovane”, preferiscono sedersi a uno dei tavoli all’esterno (gli unici con tovaglie).

All’interno il locale ha due ambienti più un separé tendato. Le pareti sono interamente ricoperte da boiserie d’epoca, qualche applique, due lampadari a gocce classici e due file di lampadine con fusibile caldo a vista che, se accese anche di giorno, sono un bel “richiamo” viste dalla passeggiata. Gli arredi, i colori dei cuscini e della rosa al tavolo, l’insieme di antico e moderno sono una funzionale fusion di buon gusto, in gradevole simbiosi. La vista dalle ampie vetrate è su palme e orizzonte marino.

All’ingresso c’è un antico banco bar che da solo invita alla sosta, meglio se per un cocktail, anche solo come aperitivo, preparato da un barman la cui barba importante conferisce una “noblesse du ròle”.

Di domenica mezzodì vedo diversi giovani, ma non gastrofighetti gne gne gne. Questi sono “scafati” e mi pare non gradiscono troppe formalità. Come è d’uso in un locale lounge non ci sono tovaglie, il tovagliolo è in carta sintetica, i giacconi sono appesi alle sedie o alle ringhiere e il  servizio non è paludato. Nei locali lounge non devono “ninnarvi” con sorrisi “perforza” né allungare cortesi noioserie: è sufficiente disponibilità, efficienza e cortesia e qui il servizio, per la verità più di freddina diligenza che di accogliente amabilità, non deborda oltre tali soglie, ma è concreto e fa quel che deve.

In tavola un olio Colombino Terre Bormane, del pane appena affettato, dei grissini al sesamo, una grande rosa gialla  e quant’altro d’uso in un ambiente moderno con una certa ambizione nel far bene. A cominciare da un aperitivo di bollicine offerto con dei buoni apetizer di crudité di verdure e delle buone olive Taggiasche (non le solite olive sottolio“stanche” di rabbocchi!).

Ma veniamo alla carta: dei cinque antipasti cito il buon Brandacuiun (€ 12) e la selezione di formaggi anche con marmellata che da sola potrebbe già bastare a iniziare e completare un pasto.  I primi sono due, gli spaghetti alle vongole e porcini (€ 12), oppure semplici e perfetti ravioli di boragine con burro, timo e, eventualmente, Grana Padano (€ 10)

I secondi sono due: calamari alla griglia (€ 14) oppure entrecote alla griglia (€ 18). Prima dei dessert (€ 5), la carta elenca anche tre importanti insalate (€ 12), quattro sandwich (da 5 a 15 euro) i quali,  ganzissimi e giganti,  hanno fatto “sfanalare” gli occhi agli avventori vicini.

La carta bevande è una ed unica sia liquori che per i vini: Comincia con una quarantina di cocktails (5-9 euro), per proseguire con 14 Gin, 10 Rhum, 9 Whiskey, 7 Vodka, 12 altri liquori, 12 birre. I vini sono una trentina, molti tra i 20 e 25 euro; il miglior rapporto Q/P m’è parso uno Champagne Joseph Perrier a 50 euro.

Per testare anche i cocktail sono ritornato nel locale il sabato dopo e ho ordinato un Kir Royal, risultato perfetto, servito in una coppa Margaritamargarita la quale m’ha piacevolmente riportato alle atmosfere night club con  Champagne servito in coppe come nei film della mia adolescenza.  Invece un Pastis  perfettamente dosato 1 a 5, è stato servito in bicchiere basso anziché nel tumbler pastis 51 e con ghiaccio nel bicchiere anziché nella caraffa d’acqua a parte come di regola marsigliese. Il servizio è avvenuto dopo una dozzina di minuti,  grazie al barman che, unico sorridente in sala,  s’è dislocato al mio tavolo in un sabato ore 20,  molto affollato e animato….

Nizza: che delusione al Restaurant del Licée Jean Paul Augier

jEAN PAUL AUGIERAnni addietro insistetti con Raspelli per portarlo al liceo alberghiero di Nice. Ed egli ne fu talmente entusiasta da dedicargli l’articolo di cui sopra,  addirittura sulla prima pagina de La Stampa che concludeva, con l’augurio che un giorno fosse venuto qui, a ispirarsi,  il nostro Ministro del Turismo!

Ci sono tornato nei giorni scorsi: l’ambiente è un po’ trasandato, l’accoglienza è stata così così, il menu fisso viene declamato solo a voce e le ricette non sono invitanti; si respira anche una certa tensione in sala… Unico particolare positivo: la carta vini ben fornita. Ho pagato 15 euro e sono uscito appena possibile rinunciando al dessert.

Certo, si sa che in una scuola alberghiera non si può pretendere la perfezione, anzi io son venuto qui per respirare nuovamente quel pathos d’insieme tra ambiente+ cucina + insegnanti + allievi del quale avevo goduto più volte anni addietro, ma non è stato più così:  un cambiamento in peggio che mi è proprio dispiaciuto.

Speriamo che i prossimi lavori di rinnovamento (6,5 milioni) portino aria nuova all’insieme…

La recensione. Ristorante Il Mangiarino di Albenga

10 2016 (17) - Copia                                       Albenga – IL MANGIARINO

Via Mariettina Lengueglia, 49  – Tel. 392 775 4635

Una preziosa “soffiata” dell’amica … RadioMarmitte mi ha segnalato la novità ed eccomi qui, pronto per i 4 “Rivieraschi” che vorrebbero sempre delle novità. Parcheggiato fuori del centro storico, eccomi giunto al ristorante con l’aiuto, tra un vicolo e l’altro, di qualche gentile cicerone. E’ però facile trovare il locale che è posto nei pressi sotto la torre (retro del battistero). In un gomito del vicolo, sotto una graziosa insegna artistica variopinta ma praticamente illeggibile, fa da “richiamo” uno spazio esterno di tre tavoli con candele e una grande lavagna con i loro piatti. La cuoca-patronne è Mirella Porro, dal 1986 a oggi alla Cittadella di Zuccarello, poi a Laigueglia, poi al Baia del Sole di Alassio, poi insegnante all’Alma di Marchesi  e, finalmente, oggi tornata alle professionali origini rivierasche. Il minuscolo locale di sei tavoli per max una ventina di persone è intimo, luminoso, mobili azzurri, sedie multicolori come le tovaglie con preziosi pizzi realizzate dalla mamma di Mirella (però con tovaglioli in carta sintetica), “careghe” comode con cuscino, vetrinetta dei distillati, bicchieri incisi, musica di sottofondo “giusta” per qualità e volume. I clienti sono discreti e ne ho notato qualcuno habitué ai buoni ristoranti che, evidentemente, stanno apprezzando questa alternativa fa qualità e convenienza rispetto agli usi diversi della movida estiva della costa.

Ma andiamo per ordine. In carta: salmone marinato all’aneto e salsa dolce forte (€ 12), insalata di polpo, sedano, papaya, pinoli, olive Taggiaschee capperi. Sono due antipasti che indicano d’acchito che anche con dei classici si può sobriamente sorprendere. Nei primi i ravioli di borragine all’extravergine, maggiorana fresca e scaglie di ricotta marzotica (salata a secco) diventano irresistibili grazie anche ai pistacchi tostati (€ 10). Quanto agli spaghetti freddi serviti con caviale (€ 16) io non li ho assaggiati ma in carta è scritto apertis verbis che sono “il piatto del cuore di “Gualtiero Marchesi”, facile da incontrarsi a questi tavoli. In questa stagione non ho voluto assolutamente perdermi la crema di zucca Mantovana con caldarroste vincotto e crostini (€ 10), un piatto da solo merita … tutto.

Nei secondi meglio farsi consigliare circa il pescato del giorno che verrà preparato con zucchine trombette, pomodori confit e maggiorana, ma sono da segnalare anche i calamari grigliati, con patate, scorza di limone olive taggiasche ed erbette liguri (€ 15). La carta dei cinque dolci (€ 7) offre diverse suggestioni, ma certo a quella del tortino di pesche e amaretti, crema zabaione e gelato alla vaniglia è difficile resistere, anche se una mousse al cioccolato accompagnata da pere al vino rosso può esser altrettanto tentatrice.

La carta dei vini è ancora “giovane” (23 etichette), ma crescerà, crescerà! Per ogni vino è riportata la preziosa indicazione della gradazione alcoolica; sette bottiglie vengono servite anche a bicchiere (€ 4). Quasi tutti i vini rientrano nella fascia di prezzo fino a 20 euro. C’è poi disponibile una chicca: lo Champagne Gregory Michel Maillard che, a 40 euro, dimostra che la politica dei ricarichi ha il massimo rispetto del nostro portafogli.

La bella cucina è a vista; gli addetti sono tre in cucina e uno in sala, più la patronne che dirige la cucina ma segue e serve anche la sala. L’atmosfera è calma, i tempi d’attesa “giusti”, il garbo d’insieme garantito e anche la clientela ha toni tanto discreti che i soffitti a volta NON riverberano, salvo che qualche solingo fraternizzi con altri tavoli. Una casa con dei bei giorni davanti, per la gioia dei clienti che da sempre l’attedevano: bentornata Mirella!

 

La recensione: a Imperia ristorante Dalla Padella alla Brace

dalla padella alla brace - Copia                         IMPERIA Oneglia –  Dalla Padella Alla Brace

Via Ospedale 31 – Tel. 0183 294159

www.dallapadellaallabrace.com

Nella zona pedonale a pochi metri dai riparati portici sabaudi di Oneglia, le suggestioni della carta di questa trattoria sono esposte ancor prima dello scalino che immette nel locale: “Menu degustazione: 1) Brandacujun, 2) Troffie al pesto, 3) Pesce al forno. Totale 25 euro”! Molti passanti prenotano, io tra questi, per la sera stessa, quando non ci sarà problema di parcheggio nei dintorni. Ecco quindi un ambientino da apprezzare senza fretta, moderno, quasi spartano, gradevolmente informale e accogliente, con soffitto in legno e pavimento in parquet scuro. Le sale sono due più uno spazio esterno coperto e sono quasi sempre complete di eterogenea clientela locale che viene qui anche nelle serate di meteo avverso, ma anche di qualche straniero come quello che stasera è entrato domandando: “Can I eat brandacujun?!”. E’ quindi prudente prenotare sempre. Appoggiato il giubbotto alla comoda sedia, trovo al tavolo una lastra di ardesia grezza che si direbbe sostituisca la tovaglietta che vedo ad altri tavoli, c’è anche  un set per olio-aceto-sale-pepe e, appena seduto, eccoli pronti a servire l’acqua e anche un generoso cestino con pane e focaccine calde calde, rincalzate più volte senza attendere che terminino  anche le fette di pane (non come quasi tutti i ristoranti liguri nei quali, se non finite il dissuasivo pane a fette, “potete morire” , oppure anche abbronzarvi se c’è il sole, prima che vi portino altra focaccia. I piccoli tovaglioli color bordeaux sono sintetici ma resistenti.

La rassicurante sosta è completata da un’accoglienza garbata/spigliata insieme e da un servizio che non perde un colpo ma non vi assilla.

Il grill troneggia nella sala “di là” e la sua carta prevede sette titoli, a partire dalla bruschetta con pomodori basilico origano, formaggio e Taggiasche  (€ 4), seguita da altre sei proposte di carni, formaggi, vegetali, dagli 8 ai 18 euro; questi ultimi necessari per la grigliata mista di carne, salsiccia,  pezzi pregiati di Fassona della macelleria La Granda o Oberto-Alba, senza che manchino anche alcune rostelle. Nella carta “normale” sono invece disponibili: Brandacujun, tapenade e pane Carasau (€ 10), ma anche un vegetarianissimo flan di broccoli e fonduta di Brigasca o Toma d’alpeggio (€ 8). Le porzioni sono generose anche nei sei primi piatti, tra i quali un minestrone alla genovese “da nonna” (€ 9), oppure gli gnocchi alle Vongole Veraci (€ 14); nel caso c’è anche pasta senza glutine con condimento a scelta. Nei secondi c’è in carta il polpo, annunciato cotto a bassa temperatura, ma rosolato in padella e servito su bietoline sbollentate, passata di Fagioli di Conio e salsa rossa piccantina (€ 15). Nelle carni il coniglio alla Ligure stufato al Rossese e patate al forno è servito disossato (€ 13). nIl menu degustazione invece non prevede il dolce: basterà aggiungerlo (€ 6).

Per i vini, al “ping” “Non avete vini stranieri?” il “pong” è stato pronto: “Riusciamo a lavorare tenendo solo italiani”.Tieh! Guarda qui, ben  cento etichette disponibili con  ogni scelta. Anche cinque a 9 euro e molte altre, ben assortite, che hanno prezzi “calmi”. Qualche particolarità? Un Petit Manseng igt del Casale del Giglio (€ 16),  un Aglianico Taurasi “Albertus” docg a 30 euro e infine anche due vini Vegani, di Teo Costa a 17 euro.

La clientela è solitamente calma e mi pare non annoveri i soliti rumorosi boccaperta “magni-loquenti” da trattoria. Definirei la casa un “cenacolo rilassato” per golosi, cultori anche del buon vino, comodo, in pieno centro, che invita a uscir di casa, o anche a fermarsi qui per chi esce tardi e stressato dai molti luoghi di lavoro dei dintorni, per ritirarsi poi “rigenerato” da una buona cena a prezzi da amici.

La recensione: Ristorante La Kambusa Sanremo

4 10 2016 (32) - Copia                           Sanremo – Frazione Bussana – LA KAMBUSA

Via al mare 87 – Tel. 0184 514537

Siamo a Sanremo ma sul lungomare del Capo di Bussana, dove qualunque vento che non soffi da nord, porta il salmastro dalle onde da pochi metri sottostrada. Conseguentemente, proprio come alla genovese Boccadasse, le porte del locale con tendine all’uncinetto, sono a due ante e talmente strette da dover entrare di fianco; è l’antica Liguria dei marinai e dei pescatori che ormai non esiste più. Superato il banco d’ingresso con decine di bottiglie, ecco la sala rustico-chic piacevolmente demodé, con pareti bianche al grezzo, travi possenti in legno scuro a soffitto, qualche quadro e anche attrezzami terragni di cucina ligure. E poi tavoli e sedie solidi, come tradizione comanda, stupendo tovagliato bianco (ormai stoltamente inconsueto in molti locali che scimmiottano i locali inn dei cineamericani). Belle mise en place alla quale non manca una vera candela appuntita (anche questa ormai una rarità presso “i razionalisti” della ristorazione. Continua la lettura di La recensione: Ristorante La Kambusa Sanremo