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IL PESTO Genovese, tra origini incerte e conclusioni globalizzate. Ma non chiamiamo Pesto le sue varianti o addirittura i pestati nei quali neppure è presente il basilico…

credito foto: mangiareinliguria.it

Il basilico (da Basilikom = Erba dei Re), già per diversi secoli A.C. ebbe un utilizzo sacro, presso gli Hindù e, ancora recentemente, in Centro Africa. Il Dizionario dei Simboli della Rizzoli attribuisce alla pianta poteri magici e medicamentosi (se ne prepara l’acqua vulneraria). Tutti gli storici ne indicano le origini  in Asia tropicale, per poi passare in Medio Oriente, in Antica Grecia, in Italia ai tempi di Alessandro Magno (400 A.C.) e solo dal XVI secolo in altri stati d’Europa. Ebbe anche impieghi decorativi e pratici. Una notizia “leggera” e curiosa è che in Sicilia le “gaste”, grandi vasi traboccanti di basilico adornavano i balconi delle “case dell’amore”, per renderle facilmente riconoscibili ai primi del ‘900.

Ovviamente il basilico  viene da tempo usato anche in cucina… E’ stato scritto che i marinai liguri che veleggiavano dalla Sicilia a Genova, ne percepivano l’inteso profumo frammisto a quello dell’aglio. Ma, secondo l’esperto Renzo Pellati (*) “nell’annuario 1784 delle spese di cucina degli Spinola, il basilico viene citato una volta sola. Inoltre nei menu dei grandi pranzi del XVIII secolo, la presenza del pesto alla genovese non compare mai.” Sono state formulate due ipotesi per spiegare l’origine del Pesto. La prima parla della evoluzione del MARO’, salsa medioevale (ancora oggi preparata a Sanremo), di fave fresche e aglio, a cui a un certo punto fu aggiunto il basilico. La seconda parla di una salsa di noci, già conosciuta nel Medioevo e preparata nel Levante Ligure (ancora oggi), cui venne aggiunto del basilico.

Paolo Lingua, genovese, Delegato dell’Accademia Italiana della Cucina e valente scrittore in materia, scrisse sul prestigioso periodico “Civiltà della Tavola” di pochi anni orsono: “Il basilico fa la sua prima comparsa nelle due leggendarie “Cuciniere”  quella di Emanuele Rosso (1865) e quella di G.B. Ratto (1863). La salsa viene indicata come “battuto alla Genovese”, con la parola pesto tra parentesi. Per quanto riguarda gli ingredienti le scuole sono molte, dal predetti ad Ada Boni nel suo Talismano, all’Enciclopedia di maestà Guarnaschelli Gotti… Anche il grande cuoco Luigi Bergese (**) nella ricetta del “Pesto alla Genovese”, addirittura dava facoltà di inserire quagliata o panna, dando per facoltativo l’aglio e prescriveva addirittura … il frullatore elettrico…

Comunque il pesto rimane un prodotto senza una data di “battesimo” certa. Negli anni più recenti, alla “acculturazione” della salsa diedero un contributo fondamentale le trasmissioni televisive degli anni ’70 (Colazioni allo Studio 7) di Luigi Veronelli e il mitico cuoco ligure Manuelli Ferrer, definito “l’Oste di Prua” che scrisse, con Dario G. Martini, “Pesto e Buridda” un volume di 168 pagine (ed. Sabatelli). La sua ricetta era la seguente: “ due mazzetti di basilico di serra (sic-ndr), uno spicchio d’aglio, 50 gr. di pinoli, 70 gr. di Parmigiano, 40 gr. di Pecorino sardo (sic-ndr), mezzo bicchiere (sic-ndr) di olio EVO, 20 gr. di burro, sale. Pulire e lavare il basilico, metterlo in un mortaio con pinoli e formaggio e pestarlo con cura sino a farne una poltiglia alla quale aggiungeremo l’aglio pestato e il sale. Diluiremo il tutto con mezzo mestolo di acqua bollente (non indica acqua calda di cottura – ndr) e, sempre pestando, l’amalgameremo con l’olio e il burro sino ad averne una emulsione grassa e compatta”. Oggi troverebbe diversi “puristi” non d’accordo con lui ma che volete farci ? D’altro canto anche il reputatissimo Davide Oldani nel 2015 dichiarò al Corriere della Sera che  “Il pesto vuole una parte di burro, oltre che l’olio. Perché quando tu mantechi la pasta lo fai fuori dal fuoco, non sul fuoco. Quindi serve del burro di primissima qualità che si sciolga pian piano e crei anche una salsa leggermente vellutata che è quella che dà succulenza a tutto il piatto. Solo così il pesto diventa cremoso. Questa cremosità ci permette di condire la pasta che scoli e di mantenere molto verde anche il pesto finito”.

Quindi il pesto ne ha “già viste e sentite” molte altre di tutti i colori, di belle, di brutte , anche di passabili e certe sue ricette senz’aglio si sono beccate anche l’appellativo di “orrida manteca per milanesi” da parte dell’incontestabile Vittorio G. Rossi…  Il mio sommesso parere è che le varianti possono essere tutte degnissime, possono anche rendere il piatto più gradito ai moderni palati “globalizzati”, ma debbono rimanere “varianti”… Non trattandosi di ricette tradizionali, basterebbe che, anziché chiamarle “Pesto” (con la P maiuscola, come codificato) le appellassimo con altro nome. Sono ricette dal sapore divino? Benissimo chiamiamole “Giuseppe” e “Maria” (non scomoderei però il nome del loro Venerato Figliolo) oppure, fuor di facezie irriverenti, semplicemente “alla Oldani” o altri appellativi già diffusissimi nei ristoranti (pesto leggero, pesto di Genoveffa, a modo mio etc …etc …). Ferma restando la tradizione riconosciuta e fissata a Genova, che impone moderatamente l’aglio ed esclude il burro. Certo il pesto di oggi non è più quello dell’ economia domestica contadina, che utilizzava esclusivamente il “potente” Pecorino delle alture liguri ormai quasi scomparso (quindi comprensibilmente sostituito dal Pecorino Sardo). Ma forse, per il “piacere dei palati globalizzati di oggi” e al di là dei dogmi di “tromboni” dell’ultima ora “dantisi titolo” di esperti, il Pesto Genovese è anche più gradito così, come codificato e riconosciuto dalla regione Liguria.

(*) La storia di quel che mangiamo Ed. Daniela Piazza

(**) Mangiare da Re – Ed. Feltrinelli

“Shop Longino” è il nuovo e-commerce di Longino & Cardenal, punto di riferimento da oltre 30 anni per la ristorazione di qualità. Ora potete acquistare online prodotti già scelti dall’80% dei ristoranti stellati.

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Un vino prodotto a …. 2200 metri di altezza: incredibile ma vero !

Raccolgono l’uva a mano ai piedi delle colline pedemontane dell’Himalaya, ad un’altitudine di oltre 2.200 metri, canticchiando una canzone tradizionale. In questo vigneto situato alle porte del Tibet, l’obiettivo è chiaro: dare finalmente alla Cina un nettare di fama mondiale.

In un paese ancora poco reputato per la qualità del suo vino, il giante francese MOET Hennessy, ha deciso di piantare, in Cina nella provincia dello Yunnan, delle vigne destinate a un prodotto di alta gamma che verrà venduto a 300 euro a bottiglia. ” Il sito è magico, s’incanta Maxence Dulou, il direttore della tenuta aperta nel 2012 dopo quattro anni di ricerca del terreno ideale… L’intera notizia è sul seguente link, dal quale ho tratto anche la foto:

https://www.larvf.com/vin-chine-himalaya-montagne-production-chinois-vignes-viticulture-moet-hennessy,4604039.asp

La Francia a Torino: 8 luoghi per scoprire gastronomia e cultura d’Oltralpe

La Francia a Torino: 8 luoghi per scoprire gastronomia e cultura d’Oltralpe

Il capoluogo piemontese si trova a poco più di un’ora di auto dal confine francese. Se però non potete viaggiare in questo momento e avete voglia di riassaggiare qualche prodotto tipico delle terre d’Oltraple, sarete felici di sapere che potrete farlo senza dovervi spostare dalla città. Aspettando ovviamente l’atteso viaggio, ecco i negozi francesi di Torino dove scoprire la gastronomia e cultura di Francia.

Bel & Bon Vanchiglia

Per chi ama la Francia e i suoi prodotti tipici culinari, questa piccola bottega in zona Vanchiglia è il punto di riferimento ideale per rifornirsi a Torino. Qui troverete tanti prodotti artigianali dall’accento francese con opzioni anche per la clientela vegetariana, vegan e alla ricerca di prodotti biologici. Qui potrete anche prenotare la vostra lista nozze, o organizzare regali aziendali e bomboniere: champagne, confetture e cioccolato, infatti, possono essere personalizzati su richiesta. E non è tutto: se passate di qui il sabato, potrete fermarvi a degustare una selezione di prodotti del locale.

Indirizzo: Via Vanchiglia, 21 – 10124 Torino
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Adonis Creperie

Come parlare di Francia e cibo senza parlare delle famose e apprezzate crepe, nella loro versione dolce o salata ovvero la gallette. Avete già l’acquolina in bocca? Adonis Creperie vi aspetta nel quartiere di San Salvario con il suo ricco menù che include numerose proposte di crêpes, cucinate sul momento, e presentate divinamente. Gli ingredienti sono freschi e di qualità, con accostamenti spesso anche molto particolari. Il tutto servito in un ambiente curato e accogliente!

Indirizzo: Via Belfiore, 48 – 10125 Torino
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Librairie Au Quartier Latin

Non solo gastronomia, ma anche cultura e letteratura d’Oltralpe a Torino grazie alla libreria franco-italiana Au Quartier Latin in pieno centro a Torino a due passi da via Po. Sugli scaffali troverete ovviamente tanti volumi in lingua francese, libri d’occasione a prezzi contenuti, ma anche edizioni rare e antiche. Un ottimo luogo per chi vuole rispolverare il proprio francese, migliorarlo oppure per chi inizia a impararlo e cerca letture.

Indirizzo: Via San Francesco da Paola 7/D – 10123 Torino
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Chez Camille Petit Bistrot

Situato in Via Bogino, questo bistrot propone crêpes dolci, le gallettes con farina di grano saraceno, insalate, la tartare, le omelette e altre specialità francesi. I piatti vengono presentati con grande cura e fantasia. Piccola nota: tra le proposte si trovano anche piatti gluten free e vegan! I posti a sedere sono pochi dunque meglio prenotare!

Indirizzo: Via Conte Giambattista Bogino 4, – 10123 Torino
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Francia Torino luoghi

SE.SÌL

Come parlare di Francia senza parlare anche di moda. In questa nostra piccola carrellata della Francia a Torino vi presentiamo anche un marchio artigianale nato a Torino, ma con radici francesi e più nello specifico bretoni. Una boutique situata in pieno centro a Torino dove potrete trovare borse e pochette di pelle per donne realizzate dalla designer francese Cécile Jullien. Per dare un pizzico di french style al vostro armadio!

Indirizzo: Via Matteo Pescatore, 11/D – 10020 Torino
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Bariolè Torino

In Via Gropello sorge questa piccola creperia, che propone in realtà anche altri piatti tipici della tradizione francese. Si tratta di prodotti di alta qualità, proposti in tante varianti con accostamenti sorprendenti e spesso sfiziosi. La proposta di crepes (sia dolci che salate) è davvero molto ampia. Da provare!

Indirizzo: Via Giambattista Gropello, 6 – 10138 Torino
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Amaury Fromager

Da sabato 17 ottobre a Torino trovate anche Amaury Fromager, la prima fromagerie del capoluogo piemontese. Perché d’altronde è impossibile parlare di cultura gastronomica transalpina senza parlare dei suoi meravigliosi prodotti caseari. Qui troverete: 60 formaggi a latte crudo diversi, le DOP più rinomate ma anche delle piccole produzioni artigianali; i burri classici francesi, salati e aromatizzati (e, ovviamente, giallissimi); la vera crème fraîche normanna; yogurt e creme artigianali. E, per accompagnare un tagliere di formaggi da proporre agli amici, anche vini biologici naturali. Siete avvisati!

Indirizzo: Via Bogino, 19/D – 10123 Torino
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Alliance Française

E, per chi volesse imparare o migliorare la lingua francese, in via Saluzzo c’è anche l’Alliance Française che propone corsi collettivi e individuali, in classe e a distanza, atelier tematici e di conversazione e percorsi costruiti ad hoc per adulti, bambini, ragazzi, aziende, scuole, università e docenti.

Indirizzo: Via Saluzzo, 60 – 10125 Torino
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