Noli: Nell’ Orto di Nemo il basilico è coltivato in.. mare

da Educazione sostenibile.it:

L’ Orto di Nemo (di Emilio Mancuso)

Il progetto battezzato “l’Orto di Nemo”ha portato  alla costruzione di un piccolo orto subacqueo a circa otto – dieci metri di profondità davanti alle coste di Noli, a non più di un centinaio di metri dalla linea di costa. Due biosfere, due piccole serre subacquee ancorate sul fondale sabbioso del ponente ligure sono state il campo di prova di questo progetto sperimentale sviluppatosi con grande successo durante tutta l’estate. I molti dettagli attentamente curati si sono rivelati vincenti, aprendo le porte a nuove e affascinanti possibilità. A partire dagli ancoraggi al fondo, che sono simili a delle grosse viti avviate nella sabbia fin sotto il primo strato molto mobile, questo ha evitato quindi di introdurre in ambiente materiale estraneo e potenzialmente disperdibile come blocchi di calcestruzzo, riducendo così anche l’impatto ambientale della struttura, che ne suo complesso era comunque di dimensioni ridotte, completamente amovibile e sprovvista di vernici o coperture capaci di contaminare le acque circostanti. Le due biosfere in materiale vinilico trasparente, di circa 800litri di volume, con la loro struttura flessibile attenuavano il loro opporsi ai movimenti del mare con piccole fluttuazioni, erano munite di piani d’appoggio che han sostenuto tutti gli attrezzi dei moderni “contadini subacquei” e i contenitori del terreno, contenitori a tenuta stagna che sono stati aperti direttamente dentro le biosfere, per evitare contaminazione con acqua salata durante il loro trasporto. Una base basculante permetteva al subacqueo agricolo di mettersi in piedi per svolgere i vari lavori all’interno della biosfera, e una valvola di sovra-pressione permetteva lo sfogo dell’aria che si trovava in eccesso quando, lavorando, si respirava nella biosfera. Un volta allestite le biosfere e seminati i terreni (con semi provenienti da uno storico produttore di Noli) madre natura ha seguito il suo corsi in tempi anche rapidi. L’aria atmosferica intrappolata al momento dell’immersione della biosfera si è arricchita di vapore grazie alla trasparenza della biosfera, che alla profondità di posa era bene illuminata e quindi ha innescato un “ciclo dell’acqua” in miniatura: il sole ha scaldato la superficie dell’acqua che lambisce il fondo della biosfera, questo ha portato a fare evaporare l’acqua (e anche se si tratta di acqua di mare, ricordiamoci che evapora sempre e solo acqua dolce), l’acqua evaporata si è accumulata nell’aria della biosfera condensando sul terreno e tenendolo così sempre umido. In soli tre giorni i primi germogli di basilico si sono manifestati, e la reazione di fotosintesi clorofilliana portata avanti da queste piante ha contribuito a regolare l’atmosfera all’interno della biosfera, assorbendo anidride carbonica e rilasciando ossigeno mentre i piccoli germogli andavano crescendo.  Una delle due biosfera purtroppo è stata irrimediabilmente danneggiata da una mareggiata, ma anche questo piccolo disastro si è rivelato utilissimo ai fini di un corretto e completo monitoraggio del progetto: le grosse viti di ancoraggio non han recato danni al fondale, la struttura flessibile della biosfera le ha permesso non rompersi ma bensì di oscillare fino al punto di allagarsi…e dopo la mareggiata il tutto si è concluso con il recupero completo dei materiali, scongiurando così il rischio che diventassero spazzatura del mare. Nella biosfera che invece ha retto alla mareggiata i numeri sono fondamentalmente questi:

  • 62 giorni di operatività subacquea
  • 48 ore è il tempo passato dalla semina alla germinazione delle prime piantine
  • 52 i giorni passati dalla semina al primo raccolto
  • 85% è stato il tasso medio di umidità nelle biosfere, che quindi erano pressoché sature di umidità 20% è stato il tasso di illuminazione (rispetto all’illuminazione atmosferica) medio rilevato all’interno delle bio-sfere
  • 12  le persone coinvolte nel progetto.

Il raccolto è stato oggetto di analisi e confronti con delle semine fatte contestualmente a terra, e i primi dati ottenuti sono interessanti, attualmente “riservati” e ancora in fase di attenta valutazione, ma le prime anticipazioni donatemi da Sergio parlano di:

  • Risultati analitici che hanno messo in evidenza la generale freschezza e corposità aromatica presenti nell’olio essenziale e nello “spazio di testa”;
  • Il contenuto in Alfa bergamottene risulta essere in media con i valori tipici del basilico ligure.
  • Il Metil‐4‐Metoxy‐Cinnammato è presente in quantità significativamente elevate rispetto ai testimoni delle prove che rispetto ai valori medi del basilico coltivato nel bacino del Mediterraneo.

Sembra quindi che la curiosità sia giustificatissima e l’interesse scientifico ad approfondire questo tipo di coltivazione possa essere legittimo. La stabilità termica all’interno della serra, l’impossibilità per parassiti terricoli di arrivare a colpire queste colture, il vantaggio di poter “espatriare” l’agricoltura oltre le frontiere delle terre emerse… questi ed altri sono i dati, i pensieri e le sfide che hanno stuzzicato l’immaginazione di Sergio e del suo team che ha seguito il progetto; progetto che sicuramente è destinato a futuri approfondimenti. Oltre alla sperimentazione pura che deve esser sempre intrapresa con tanta spinta per il futuro e una sana dose di ottimismo; bisogna anche considerare che tra gli ipotetici sviluppi applicativi il più importante potrebbe essere la realizzazione di coltura subacquee più estese, soprattutto laddove l’acqua dolce scarseggia e al contrario vi è grande presenza di acqua di mare che è inutilizzabile (se non a mezzo di costosi processi di desalinizzazione, spesso irrealizzabili in quelle stesse aree geografiche) per l’agricoltura terricola. In ultimo, l’implementazione di coltivazioni di tipo idroponico potrebbero far ulteriormente evolvere il progetto riducendo il quantitativo di terriccio necessario, materiale estraneo all’ambienta acquatico, e di conseguenza possibili inquinanti/contaminanti presenti nel terriccio. Interessante nota di stampo tecnologico, l’intero campo di sperimentazione subacquea è stato costantemente monitorato da un innovativo sistema di videocomunicazione subacquea che permetteva al team di avere controllo video costante, e che grazie a un sistema di comunicazione “wi fi” ad ultrasuoni permetteva ai coltivatori subacquei, muniti di maschere subacquee “granfacciali” con microfoni e auricolari, di comunicare tra di loro e di comunicare con la superficie, eliminando così i limiti della classica comunicazione non-verbale subacquea. Questa prima fase sperimentale si è conclusa a fine settembre, i primi dati si possono ritenere soddisfacenti su diversi campi di studio, ora non resta che riallestire l’Orto di Nemo la prossima estate per vedere su quali peculiarità liguri potremo puntare e come poter implementare le strutture restando saldi ai principi di eco-compatibilità e minimo impatto ambientale della struttura; stando certi che all’acqua per annaffiare ci penserà il nostro amato Mare!

Per le foto potete consultare il seguente link: https://www.google.it/search?q=sergio+gamberini+nemo&newwindow=1&tbm=isch&tbo=u&source=univ&sa=X&ei=u3KeVZ23IoirsAHHh5fwDg&ved=0CCwQ7Ak&biw=1366&bih=542

Testi di Emilio Mancuso si ringrazia Sergio Gamberini e la Mestel srl – Ocean Reef Group per i dati e le fotografie forniti

Profilo autore: Emilio Mancuso, Socio dell’Istituto per gli Studi sul Mare e della ONLUS Verdeacqua, istruttore subacuqueo, appassionato di fotografia, viaggi e contaminazione con il mondo! Consulente AiGae per il settore mare, da sempre con l’obiettivo di condividere conoscenza, consapevolezza e passione per il mare.www.verdeacqua.org   222670 1028604308677 5344 n

 

 

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