Riaprono i ristoranti ?!!! Che cucina ritroveremo? Cucina Tradizionale? Nouvelle Cuisine? Cucina Molecolare? C’è stata anche la “Cucina FUTURISTA”! Che ne è rimasto oggi?

Che strascichi lasceranno nell’ “attapirata” ristorazione questi forzate “dormie” che durano da oltre un anno? Alla riapertura serale dei locali è facilmente prevedibile un certo “boom” di frequentazioni, come reazione alle “stufose” quarantene trascorse. Fondamentale sarà ritrovare il piacere della convivialità e confort nei ristoranti, dell’ accoglienza garbata, del servizio eseguito con cura e gentilezza. Sarà bello quando, “archiviata” la luttuosa e drammatica pandemia, eviteremo di continuare a parlarne e andremo al ristorante sereni per trovare un po’ di spensieratezza.

Ma mi domando se troveremo novità e quali.  Non credo che ci saranno cambiamenti “per necessità” .  Ci sarà una liberatoria e si tornerà a coniugare il verbo mangiare con preparazioni di cucina tradizionale servite in quantità? Oppure,  a causa di mesi di  cucina casereccia forzatamente semplice, si apprezzeranno di più le fantasie della cosiddetta cucina innovativa?  Probabilmente la cucina tradizionale sarà appannaggio della maggior parte dei ristoranti, mentre la cucina innovativa verrà proposta a “gastrofighetti  più sofisticati” dai ristoranti che vorranno differenziandosi dai “normali”, il più delle volte praticando prezzi elevati. Fermo il fatto che entrambe le scelte sono da rispettare, perché è l’avventore che sceglie, apprezza e torna o non torna, secondo il proprio sentire.

D’altro canto i cambi di tendenza in cucina sono già avvenuti in passato. Per rimanere a tempi recenti, citiamo la Nouvelle Cuisine dei Francesi, da Paul Bocuse a Roger Vergé di Mougins (che la battezzò Cuisine du Soleil e aprì la strada ad Alain Ducasse) e del nostro Gualtiero Marchesi che innovò ma moderandosì. Seguì la Cucina Molecolare capitanata da Ferran Adrià in Spagna o da Ettore Bocchia all’inenarrabile Grand Hotel *****Villa Serbelloni di Bellagio. Ma precedentemente ad entrambi i “movimenti”, nel lontano periodo fascista fece grande clamore un cambiamento “per necessità”. Non c’era pandemia ma scarseggiavano certi alimenti in tutta Europa e questa fu, al di là delle presentazioni auliche, la vera ragione di fondo della “trovata” del “Manifesto della Cucina Futurista”, pubblicato sulla Gazzetta del Popolo il 28 dicembre 1930 , ripubblicato peraltro nel 1931 sull’ Herald Tribune e sul francese Comedie.  Eccone i punti salienti:

« Il Futurismo Italiano proclama il rinnovamento totale della cucina. – Affinché si pensi si sogni e si agisca secondo quel che si beve e si mangia, crediamo anzitutto necessari:

a) L’abolizione della pastasciutta: assurda religione gastronomica italiana.

b) L’abolizione del volume e del peso nel modo di concepire e valutare il nutrimento.

c) L’abolizione delle tradizionali miscele a favore di nuove solo apparentemente assurde.

d) L’invito alla chimica di dare presto al corpo le calorie necessarie, mediante polvere o pillole, per giungere ad un reale ribasso del prezzo della vita e dei salari. Con l’aiuto di macchine, obbediente proletariato al servizio degli uomini, avverrà la riduzione del lavoro manuale a due o tre ore, nobiliteremo col pensiero le arti e la pregustazione di pranzi distanziati ma perfetti nel quotidianismo degli equivalenti nutritivi per tutti i ceti.

Il pranzo perfetto esige:

1) Una armonia originale della tavola (cristalleria vasellame addobbo) coi sapori e colori delle vivande.

2) L’originalità assoluta delle vivande.

3) L’invenzione di complessi plastici saporiti, la cui armonia originale di forma e colore nutra gli occhi ed ecciti la fantasia prima di tentare le labbra.

4) L’abolizione della forchetta e del coltello: i complessi plastici possono dare un piacere tattile prelabiale.

5) L’uso dell’arte dei profumi per favorire la degustazione: ogni vivanda deve essere preceduta da un profumo che verrà cancellato dalla tavola mediante ventilatori.

6) L’uso della musica sia limitato negli intervalli tra vivanda e vivanda che serva ad annientare il sapore goduto ristabilendo una verginità degustativa.

7) Abolire l’eloquenza e la politica a tavola.  

8) Favorire l’uso dosato della poesia e della musica come ingredienti improvvisi per accendere con la loro intensità sensuale i sapori dei piatti.

9) La presentazione rapida tra vivanda e vivanda, sotto le nari e gli occhi dei convitati, di alcune essi le mangeranno e altre che essi non mangeranno, per favorire la curiosità, la sorpresa e la fantasia.

10) La creazione dei bocconi simultanei e cangianti che contengano dieci, venti sapori da gustare in pochi attimi: un dato boccone potrà riassumere … una intera zona di vita, lo … svolgersi di una passione amorosa o … un intero viaggio nell’Estremo Oriente.

11) Una dotazione di strumenti scientifici in cucina: ozonizzatori, lampade per emissione di raggi ultravioletti, elettrolizzatori per scomporre succhi estratti ecc… , mulini colloidali per rendere possibile la polverizzazione di farine, frutta secca, droghe, ecc.., apparecchi di distillazione anche nel vuoto, autoclavi centrifughe, dializzatori. Gli indicatori chimici “assaggeranno” l’ acidità e la basicità degli intingoli per correggere errori se manca di sale, troppo aceto, troppo pepe, troppo dolce.”

Ecco il menu del 8 agosto 1932 al RISTORANTE QUINTILIO di ALTARE, presenti Marinetti, Farfa (che riposa al cimitero della Foce a Sanremo), Fillìa e Saroldi:  Girandole di colori variati e varianti, gioia degli occhi e del palato – Brodo alla Margherita – Stomografico alla Fillìa – Riso alla Marinetti – Nido d’amore. Nei decenni successivi il Futurismo in cucina tramontò. Rare altre sue rievocazioni: a Milano nel febbraio 2018 e il 20 FEBBRAIO 2006 in un importante ristorante di Noli. Il menu era di una ventina di portate dai nomi stravaganti, tra i quali ricordo: Antipasto intuitivo, Polibibita inventina, Aerovivanda, Carneplastico, Risotto futurista, Brodo solare , Pesce coloniale al rullo di tamburo, Salmone dell’Alaska ai raggi di sole,  Fagiano Futurista, Datteri al chiaro di  luna … .    

Qui si ferma la piccola “escursione” sulla Cucina Futurista.  Certo l’art 11 del suo “Manifesto” raccomandava procedimenti in verità ancora oggi molto in uso nei ristoranti modaioli… . Sta di fatto però che la pastasciutta ha resistito e conquistato il mondo e così la cucina tradizionale italiana, ovviamente con qualche alleggerimento rispetto al passato. Per il futuro possiamo ancora ben sperare, tanto più che è sempre più diffusa la ricerca delle materie prime genuine e l’esigenza dei consumatori di pretendere qualità! Per le prossime riaperture, fondamentale e importante sarà la sala: ne riparleremo. Speriamo soltanto che i ristoratori tutti rimettano presto le tovaglie e che altrettanto presto si possa nuovamente godere in santa pace di una cena confortevole …