1910 Restaurant des Grottes
nell’anteguerra
oggi
BALZI ROSSI – Ventimiglia – Via Balzi Rossi 2 oppure Via De Gasperi 2 – Tel. 0184 38132
Dalla seconda metà del secolo scorso Donna Giuseppina Beglia (e la sua bella famiglia) s’è fatta grandissimo onore e ha dato celebrità al sito, portandolo ed essere tra i primi ristoranti d’Italia (non solo… geograficamente!). Ora il locale è stato ceduto e i nuovi titolari, vinte le consuete complicazioni burosauriche e le artigianali “tribolazioni” d’uso in cinque mesi di ristrutturazioni e rinnovamenti, hanno finalmente riaperto, martedì 19 maggio. Ed eccomi pronto per i quattro lettori che da me vorrebbero solo novità (e sempre buone).
Il Balzi Rossi, fermo l’impareggiabile charme della terrazza surplombante il mare (attenzione che non vi caschino le chiavi dell’auto), ha un interno decisamente diverso dal precedente. Superate le due piante in vaso del salottino d’ingresso e il guardaroba ancora parquettati, ovunque regna il color bianco panna e un candidore d’insieme da immacolato microcosmo. Nel Nirvana di luce, se così posso esprimermi, le finestre senza tendaggi paiono voler volatilizzare le pareti per aprire gli sguardi oltre, verso il mare, al curvo orizzonte” e alla bella baia della splendente Menton.
I pavimenti sono lucidissimi e senza tappeti, nessun quadro è alle pareti (tranne una bella gigantografia dei Balzi Rossi d’anteguerra), i tavoli sono grandi, molti circolari con tovaglie senza pieghe (ovvero ristirate al tavolo) e ben distanziati, le poltrone imbottite sono comode e, essendo prive di braccioli, non “appesantiscono” l’arredo della sala; una rassicurante grande peonia immacolata ad ogni tavolo rifinisce la sensazione d’insieme di buon gusto e preziosità.
Il servizio è assicurato dal maitre PASQUALE MARZANO e tre addetti, Mario Apuzzo , Edoardo e Antonella (in giacca mod. Chanel), già salde “colonne” della precedente gestione (che assicurano continuità ai “vezzi” dei “fedeli” che da decenni siedono rispettosi e compunti a questi tavoli. E’ un servizio attento, puntuale, capace, che però non “incombe” minimamente e vi lascia in pace, salvo trovarveli al tavolo nel momento giusto del rimpiazzo del pane (quattro tipi), del rabbocco
del bicchiere etc …
Il menu degustazione del reputatissimo RAFFAELE D’ADDIO prevede, dopo l’amuse bouche, due antipasti, un primo, un secondo e un dessert. Nel mio caso dei TOTANETTI su crema di piccoli pisellini, riso selvatico soffiato e cipolla rossa all’agro. Poi il PEPERONE IMBOTTITO, arrostito sbucciato, con pistacchio e mozzarella di bufala, crema di patate e olio ai capperi. Questo non è ovviamente un locale da “pastasciuttari”, per cui non sono le grandi quantità che caratterizzano il successivo GRANO E MARE, pasta mista di Gragnano con frutti di mare ma, ovviamente le precisioni di cottura e l’indovinato accostamento, pulitissimo nei sapori ancora ben distinti tra loro. Il FILETTO DI BACCALA’ con zucchine trombette alla “scapece” e maionese di barbabietola oppure, assaggiato dalla mia commensale, il TRANCIO DI PESCATO con crema di topinambur insalatina di fagiolini e cipollotto all’agro, sono due secondi dove la moderazione ha trattenuto la mano del cuoco campano, verso sapori più delicati. Al dolce la zuppa di Cantalupo con cialda al cocco e gelato alla liquirizia. Fin qui il menu a 70 euro.
Per i nostalgici e i Liguri “di ceppo”, sono anche offerti dei piatti di Giuseppina Beglia: la lasagnetta al pesto e i ravioli di coniglio. Volendo cenare alla carta, gli antipasti sono cinque e costano dai 20 ai 45 euro; i primi cinque dai 25 ai 35 euro, i secondi cinque dai 30 ai 40 euro; i dolci cinque da 12 ai 15 euro. Pertanto per un pasto completo di quattro portate si spende da un minimo di 87 euro a un max di 135 euro. Ma sono ormai pochi gli stomaci “virili” assuefatti a queste pratiche gourmettare un po’ desuete.
In cantina coabitano vini “grandi” e “piccoli”, ma solo di etichette reputate. La carta elenca 150 vini, 65 dei quali non superano i 50 euro e molti rientrano nei 25-30 euro. C’è un piccolo universo di bottiglie normali, magnum ecc… adatto a ogni esigenza e/o tentazione anche diabolica, ovvero: 10 spumanti italiani da 25 a 110 euro, 21 Champagnes da 70 a 700 euro; 45 bianchi italiani da 22 a 90 euro; 19 bianchi stranieri da 35 a 500 euro; 9 rosati italiani e stranieri da 20 a 120 euro; 23 rossi italiani da 25 a 700 euro; 15 rossi stranieri dai 35 ai 5.400 euro e, infine 8 vini dolci e liquorosi da 25 a 550 euro. I ricarichi, rispetto all’ importanza delle etichette, sono in linea con l’insieme.
La bandiera della buona ristorazione italiana non è quindi stata ammainata, anzi la nuova splende di vivaci colori e caratteri partenopei; dunque, lasciate l’auto al park e, per dirla come i “cugini” francesi, prendete il vostro tempo per godervi questo paradiso di lusso, calma e voluttà!