“Calo di clienti nella ristorazione, anche in quella di fascia alta. Dopo la ripresa del post- covid i ristoratori hanno vissuto un’estate in cui i segnali della crisi si sono sentiti. In un’ inchiesta su il Corriere della Sera di Bergamo si evidenzia un calo riconducibile all’aumento dei prezzi, per cui certi locali che prima erano considerati di fascia media ora sono fuori portata per la classe media.” Così scrive su Il Golosario Paolo Massobrio e, in effetti, chi va spesso al ristorante nota che si è rarefatto il “tutto esaurito”. L’ aumento dei prezzi al ristorante è stato mediamente intorno al 10 % o poco più. Se si pensa anche ai due precedenti anni covid con vuoto clientela, ciò è ben giustificabile. Quel che infastidisce sono gli aumenti subdoli, tipo l’abolizione del tovagliato, l’abolizione del tradizionale minidrink di benvenuto un tempo offerto, il risparmio becero sulla qualità delle materie prime, le porzioni leggermente ridotte rispetto al passato, l’aver abolito i menu degustazione o, peggio, il non presentarli, l’aumento del ricarico sui vini locali di maggior consumo , l’applicazione della voce coperto non scrittta in carta (infrazione all’art. 18 R.D. 635/1940) ed altre piccole spicciolerie che, messe insieme “cubano” il risultato finale.