Si esiste e, ancorché non sia facilissimo da trovare, è possibile acquistarlo nelle bottiglierie più fornite oppure via web. Solitamente è contenuto in una simpatica bottiglietta di forma sferica. Purtroppo il suo sapore non è molto “moderno” in quanto è dolcissimo e quindi un po’ desueto in tempi di sovralimentazione. Renzo Pellati (*) autore autorevole, scrive che il Giuggiolo si coltiva principalmente ad Arquà Petrarca, nei Colli Euganei, ma si può trovare anche in Sicilia in prossimità di laghi e colline. E’ un piccolo alberello dai rami contorti (detto anche “dattero cinese”) che i Veneziani importarono dall’Oriente (Siria) nel periodo rinascimentale. Ancora oggi ad Arqua Petrarca, in ottobre, ne viene celebrata la Festa perché è questo il periodo di maturazione.
Le giuggiole sono frutti particolarmente gustosi (hanno una polpa dolce di colore biancastro, grandi come una oliva, di colore rosso bruno – ma attenzione al nocciolo). Il liquore è stato chiamato con l’appellativo di “brodo” ed è ormai entrato nell’uso comune quando si vuole indicare una bevanda piacevole che manda in solluchero, tanto per usare una antica espressione ed è “entrato” anche componente del celebre proverbio “Andare in brodo di giuggiole” per esprimere una manifestazione di grande contentezza. Alle giuggiole, ad Arqua Petrarca, aggiungono varianti con mele cotogne, uve e melograni, tutti frutti autunnali e, dopo l’addensamento liquido di cottura, buccia di limone grattugiata e scottata.. . Detti frutti venivano anche fatti macerare per arricchire gelati e dolci vari (cioccolatini, marmellate), oppure conservati sotto grappa.
Nei paesi arabi le giuggiole venivano preparate in vario modo e utilizzate per ridurre l’insonnia. I guaritori egiziani e fenici utilizzavano decotti di giuggiole mature, datteri e fichi secchi. Secondo Erodoto, le giuggiole per dolcezza assomigliano ai datteri e facendone fermentare la polpa è possibile ottenere un vino inebriante. In Europa i primi utilizzi come medicamento risalgono al ‘500 e sembra che l’uso come sedativo ne abbia favorito la divulgazione.
C’è chi sostiene che il successo raggiunto dal liquore creato dalle giuggiole macerate e mescolate con altri frutti (il cosidetto “brodo”) sarebbe dovuto al fatto che in passato venivano forse aggiunti degli oppiacei, come il frutto magico del loto che … fece dimenticare tutte le fatiche e le nostalgie ad Ulisse e ai compagni di viaggio nel paese dei Lotofaci. Che la bevanda di Ulisse fosse stata proprio il “brodo di giuggiole”? Povera Penelope!
(*) La Storia di ciò che mangiamo – Daniela Piazza Editore