Dal 16 marzo, in Svizzera il più vecchio mestiere del mondo è stato vietato per prevenire la diffusione del coronavirus. Visto che non possono lavorare, alcune lavoratrici del sesso non hanno né un alloggio né da mangiare. Una situazione drammatica che rischia di spingerle alla clandestinità. La maggior parte di loro svolgono la loro attività professionale in un bordello gestito da un manager. In Svizzera, la prostituzione è considerata un’attività professionale indipendente e legale, il cui reddito è soggetto a imposta. In caso di pandemia, le persone che dispongono di un permesso di soggiorno hanno, in teoria, diritto a un’indennità di perdita di guadagno (IPG). La precarietà spinge le lavoratrici e i lavoratori del sesso verso l’illegalità e anche a svolgere la loro attività nonostante i divieti. Ci sono sempre ancora degli annunci in internet nonostante molte piattaforme non pubblichino più pubblicità o inserzioni.
L’associazione di sostegno della categoria, “Fleur de Pavé”, aveva inviato una lettera ai gestori dei bordelli chiedendo loro di essere comprensivi e di dare gratuitamente da dormire alle prostitute. E’ la stessa associazione che nel 2018 aveva lanciato il sito “Call me to play”, una pagina online gratuita (sovvenzionata dalla Confederazione) per pubblicizzare le proprie prestazioni sessuali. Anche a Berna, le autorità hanno chiesto ai gerenti delle case di appuntamento di dare prova di buona volontà.…
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