I migliori sono: 29 in Toscana, 15 in Piemonte, 12 in Veneto, 4 in Campania, 4 in Friuli, 4 in Puglia, 4 in Sicilia, 4 in Trentino A.A., 3 in Calabria, 3 in Emilia Romagna, 3 in Lombardia, 3 in Umbria, 3 in Sardegna, 2 in Abruzzo, 2 in Basilicata, 2 in Liguria, 1 in Lazio, 1 nelle Marche, 1 in Molise, 1 in Valle d’Aosta.
Certo che, lo ripeto da vent’anni, se non fosse proibito ma anzi fosse incoraggiato il vitare le centinaia di ettari di incolti liguri (molti ex colture floreali), magari anche nel Ponente Ligure si potrebbe conquistare qualche citazione oltre a quella, meritatissima ma unica, della Cantine Terre Bianche di Dolceacqua…
E’ l’occasione per una riflessione più ampia. Tutti gli “uomini pubblici liguri” si arrovellano su come far ripartire la Liguria, ferma nelle attività produttive, decaduta nel turismo di qualità, con conseguente analogo indotto nei settori commercio e servizi (basti pensare che in Riviera dei Fiori dalle 21 in poi non ci sono più autobus di linea sino al mattino.
un terreno ligure abbandonato
Ma su questo uovo di Colombo della creazione concreta delle aziende vinicole, tacciono tutti: Regione, ex Province, Comuni, Coldiretti, Partiti, Associazioni varie… tutti, tutti, tutti assolutamente in silenzio. Qualche sognatore (favorito da fondi europei o consorziali, cerca di rispolverare la produzione di limoni, di lavanda, etc… che certo però non invertiranno l’andazzo. Basterebbe lasciare liberi gli agricoltori che volessero vitare i loro terreni e iniziare il commercio del loro vino: un reddito certo a partire dal 5° anno in poi… con ovvii ritorni anche nella qualità del territorio.
Intanto nell’economia produttiva del ponente ligure, cessati gli ottant’anni trainati dalla formidabile “locomotiva” delle aziende floricole, continua la recessione… e oggi il territorio si regge sui redditi di lavoratori dipendenti (molti pubblici) e pensionati.