Il sito Dissapore da la notizia che ” Un anonimo ispettore di una non specificata guida gastronomica inglese ha riportato sul Guardian quali sono i parametri che utilizza per scegliere i ristoranti da testare.
Recensioni, premi e liste di guide lunghe così sono ottime bussole, ma è leggendo i menu che l’autore dell’articolo intuisce se valga la pena incamminarsi per un sopralluogo o meno. E questi sono i suoi criteri:
ANDARE OLTRE LA STAGIONALITÁ
E qui i detrattori della fragola a gennaio sobbalzerebbero dalla sedia. Il mantra della stagionalità predicato a destra e manca non è sinonimo di una cucina di qualità secondo l’ispettore, che dice di aver mangiato goderecci asparagi francesi a febbraio e conosce ottimi ristoranti che usano in inverno lamponi precedentemente surgelati.
DESIGN DEL MENU E LINGUAGGIO POMPOSO
A un menu ricco di orpelli grafici il nostro simpatico autore preferisce qualcosa di più sobrio, perfino un foglio A5 scarno può mostrare la volontà del locale di cambiare i piatti in base a ciò di cui dispone. Insomma, ben trovato “piatto del giorno”.
Inoltre, basta con trionfi e letti di, avvolgimenti in, spruzzatine varie e nomi di piatti talmente elegiaci che paiono usciti da una poesia di Walt Whitman. Cari chef, sedate le vostre suggestioni al tramonto. Meglio un lessico essenziale che presenti il piatto per ciò che è, un titolo roboante non lo salverà dai sapori precari.
TROPPA SCELTA
Le dimensioni del menu contano. Una carta compatta con una ventina di piatti evidenzia cura del dettaglio e probabilmente non manderà in palla la cucina quando sarà sommersa dagli ordini.
Anche un’eccessiva varietà geografica desta i sospetti dell’ispettore che guarda con disappunto a un menu che include piatti thai, involtini primavera e BBQ ribs (direte: ok, ma ste cose avvengono solo all’estero. No, purtroppo succedono anche da noi), il rischio di generare una Babele nella mente del cliente non è remoto (così come il pericolo di fare un po’ di tutto in maniera approssimativa).
ORIGINE DELLE MATERIE PRIME
Acquistare è difficile, macellare lo è ancor di più. Fare buon uso di un intero animale e usarne diverse parti in più portate o impiegare selvaggina e materie prime particolari provenienti da una filiera corta e non reperibili tutto l’anno presuppongono conoscenza, ottimi fornitori e una buona cucina che nasce da zero.
CHECK FINALE
Incrociando i fattori fin qui elencati con una ricerca su chef e ristoratore, la capienza del locale e la media dei prezzi, l’ispettore fa bingo, accende la macchinina e si mette in marcia.
E ora vien da chiedersi, avrà ragione? Forse, tanto alla fine a sentenziare sarà il palato. E soprattutto, leggendo solo il menu, voi da cosa capireste se quel ristorante che non avete mai provato vi darà emozioni?”