Mutti scopre il metodo per stanare il concentrato cinese nei barattoli italiani

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Guarda come ti stano il pomodoro cinese nel barattolo made in Italy e ti faccio rimangiare quel detto (americano) secondo cui gli Italiani, i soliti imbroglioni (ma come dargli torto?), vendono pomodoro prodotto con concentrato cinese.

Portabandiera dell’orgoglio ritrovato è Mutti, l’azienda di conserve alimentari non nuova a iniziative etiche come la riduzione dei quantitiativi di acqua nei processi di lavorazione in collaborazione con il Wwf e l’Università della Tuscia. Da due anni l’azienda lavora alla messa a punto di un sistema che consentirà di individuare, senza margine di dubbio, la presenza di materie prime non italiane (leggi cinesi) nel prodotto finale.

Insieme alla facoltà di Agraria dell’Università di Piacenza e al Laboratorio Lims di Verbania, si cerca il modo di individuare la provenienza geografica delle materie prime partendo dall’analisi dei semilavorati. Con risultati interessanti visto che le analisi su campioni di pomodoro in quattro areali italiani (Parma, Piacenza, Ferrara e Puglia) e in un aereale cinese hanno evidenziato che i prodotti di quest’ultimo (bacche, pelati, passate e concentrati) presentano valori significativamente superiore del rapporto isotopico 87r/86Sr. “Lo studio”, spiega l’a.d. Francesco Mutti, ha evidenziato che “è possibile stabilire con sostanziale certezza la provenienza, l’origine di un semilavorato in base a un certo tipo di analisi”.

Il sistema non ha ancora un valore di prova, ma quella è la strada. “Ancora non ci sono elementi probanti al 100% per procedere a una condanna nei confronti di chi lavora in modo così disinvolto. Tuttavia nelle centinaia di campioni esaminati c’è una chiarezza assoluta

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